di Giulia Berardi (3C)
“La volontà di Dio si manifesta nella coscienza del popolo, tutti i popoli hanno quindi diritto e dovere di libertà”. E’ il pensiero politico che Giuseppe Mazzini ha provato per tutta la vita a tradurre in azione, come il protagonista del nostro Risorgimento spiega in questa intervista esclusiva concessa al nostro giornale.
Buonasera, lei è il famoso politico Giuseppe Mazzini?
“Si, sono io, uno dei padri del Risorgimento italiano”.
E’ un onore parlare con lei anche dopo la sua morte!
“E’ vero, sono morto ma rimarrò per sempre nella storia dell’Italia”.
Ovviamente. Ma ora vorrei tornare all’inizio della sua vita movimentata. Mi può parlare della sua infanzia?
“Ma certo. Sono nato il 22 giugno 1805 a Genova, sotto Napoleone Bonaparte. La mia era una famiglia benestante, avevo due sorelle e un fratellino. Mio padre, Giacomo Mazzini, era medico e insegnante di anatomia all’università; mia madre, Maria Drago, a cui ero molto legato, era una giansenista (il giansenismo è stato un movimento religioso basato sulla teologia di Giansenio, ndr). Appena terminati gli studi al liceo classico mi iscrissi all’università alla facoltà di medicina, come voleva mio padre, ma abbandonai perchè svenni al primo esperimento di anatomia e mi iscrissi a giurisprudenza”.
Cos’è che l’appassionava?
“Le mie passioni più grandi erano la musica e la letteratura; leggevo soprattutto Goethe, Shakespeare e il grande Ugo Foscolo, anche se non ero d’accordo con lui sulla filosofia materialista”.
Ha mai scritto qualcosa?
“Sì, nel 1826 ho scritto ‘Dell’amor patrio di Dante’ un saggio letterario pubblicato nel 1837”.
Quando decise che avrebbe lottato per liberare l’Italia?
“Quando avevo 16 anni vidi passare a Genova i federati piemontesi reduci da un tentativo di rivolta fallito miseramente, quindi decisi che avrei lottato per la liberazione della mia patria!”
Mi può parlare dell’inizio della sua attività rivoluzionaria?
“Allora, nel 1827 mi sono laureato in Diritto civile e sono diventato membro della Carboneria, poi sono dovuto fuggire in Francia dove nel 1831 ho dato vita alla Giovine Italia”.
Qual era lo scopo della Giovine Italia?
“La Giovine Italia era un’associazione politica che voleva riunire gli stati italiani in una sola repubblica e che voleva liberare l’Italia dagli invasori stranieri”.
In seguito ha fondato altri movimenti politici?
“Sì, ho creato la Giovine Polonia, la Giovine Germania e la Giovine Europa”.
Mi può parlare delle elezioni di Messina?
“Nel 1866 ero candidato alle elezioni nel collegio di Messina per decidere il parlamento di Firenze, ma non ho potuto fare campagna elettorale perché mi trovavo in esilio a Londra a causa di ben due condanne a morte, una a Genova per i moti del ‘58 e una a Parigi per aver partecipato a un attentato contro Luigi Napoleone. Quindi quando vinsi le elezioni annullarono i voti e chiamarono gli elettori a votare una seconda volta, ma il risultato fu sempre lo stesso: le elezioni si ripeterono e dopo la mia terza vittoria la Camera convalidò finalmente il risultato. Ma io rifiutai l’incarico perché non volevo giurare fedeltà allo Statuto albertino”.
L’ultima domanda: mi potrebbe esporre il suo pensiero politico?
“Io sono un uomo di sinistra, democratico e repubblicano. Secondo me la volontà di Dio si manifesta nella coscienza del popolo, tutti i popoli hanno quindi diritto e dovere di libertà. L’indipendenza di una nazione si raggiunge attraverso il sacrificio e l’opera concorde di tutto il popolo, ecco perché erano necessarie l’unità e la repubblica”.