di Irene Palazzini (3C)
Tra il 4 e il 5 gennaio è stata pubblicata la mappa delle 67 aree potenzialmente idonee ad ospitare il nuovo deposito nazionale per stoccare i rifiuti nucleari in Italia. La mappa dei siti è pronta dal 2015, ma solo il 30 dicembre scorso la Sogin, la società di Stato che ha il compito di smantellare gli impianti nucleari e gestire i rifiuti radioattivi, ha ottenuto dal governo l’autorizzazione a pubblicare la mappa. Questa è la Cnapi: Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito, che individua aree estese che rispondono a una serie di criteri. Le 12 più idonee si trovano nelle province di Torino, Alessandria e Viterbo. Il territorio viterbese, in particolare, è presente con ben 5 di questi 12 siti e 22 sui 67 totali.
Tutte le altre aree, oltre che nella Tuscia in Toscana, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna, sono infatti ritenute idonee, ma con una valutazione inferiore. Per i prossimi due mesi regioni, province e comuni potranno presentare osservazioni alla mappa ed entro marzo la Sogin promuoverà una discussione sugli aspetti tecnici. Solo a quel punto verrà pubblicata una mappa delle aree idonee (e non più “potenzialmente idonee”). L’obiettivo è di costruire il deposito entro il 2025, anno in cui torneranno indietro i rifiuti e le scorie nucleari che per anni l’Italia ha spedito in Francia e in Gran Bretagna, dove sono state sottoposte a riprocessamento.
Cosa sono le scorie
Ogni centrale nucleare produce scorie radioattive: una parte di queste è normalmente dispersa nell’ambiente; diversamente avviene per tutti i materiali che, trovandosi nel reattore o nei suoi pressi, sono soggetti a una continua emissione di radiazioni. Al termine del ciclo produttivo della centrale nucleare, questi oggetti diventano rifiuti “speciali” da trattare con molta attenzione in quanto radioattivi e quindi pericolosi. Le scorie nucleari si distinguono in base al loro grado di radioattività in alta, media e bassa attività. I rifiuti radioattivi prodotti non da centrali nucleari, che in Italia sono in dismissione dopo il referendum del 1987, ma da settori come la medicina, l’industria e la ricerca, saranno “ospitati” in un unico grande deposito. Finora ci sono state quasi solo proteste.
Cosa succederà ora
La strada che conduce al deposito è molto lunga e la procedura occuperà parecchio tempo, probabilmente anni. Se poi dovessero fallire le trattative bilaterali e i tavoli interistituzionali, allora lo stato interverrà e sarà il ministero dello Sviluppo economico a identificare il sito con un suo decreto. Nel Lazio sono state evidenziate due grandi aree idonee, entrambe nel Viterbese: la prima compresa tra Montalto di Castro, Ischia di Castro, Tuscania e Tarquinia; la seconda interessa Corchiano, Vignanello e Soriano nel Cimino.
“Il no alle scorie nucleari nella Toscana è forte senza colore politico”, dice il sindaco di Vignanello, firmatario di una lettera insieme a tanti altri sindaci di Montalto di Castro, di Grotte di Castro, di Bomarzo, di Bolsena, di Orte e di tanti vicesindaci, consiglieri comuni, assessori dei Comuni della Tuscia. Tutti sostengono che l’economia viterbese, fondata sul turismo e l’agricoltura, ne uscirebbe danneggiata.
“Siamo una provincia – si legge nella lettera – che evidenzia una incidenza di patologie tumorali, malformative e degenerative superiore alla media nazionale. Queste malattie chiamano in causa in modo diretto o indiretto fattori di rischio presenti in maniera significativa nella nostra provincia”. “Non è pensabile non applicare al nostro territorio quel principio di precauzione che invita ad evitare in ogni modo la presenza di ulteriori fattori potenzialmente a rischio di comorbilità”.
Il sindaco di Tuscania, Fabio Bartolacci, ha proposto un referendum popolare per far decidere direttamente i cittadini e mettere il governo di fronte a questa scelta, e propone anche di istituire un comitato di tecnici per fare controdeduzioni e appunti ai criteri utilizzati per la scelta del territorio della Tuscia tra le aree idonee.
Intanto la petizione “no alle scorie radioattive nella Tuscia” lanciata dal sindaco di Bagnoregio Luca Profili ha superato le 15.000 firme in 48 ore.