di Giorgia Mantovani e Martina Natili (2D)
Nel 2005 nasce presso l’Università di Firenze un “nuovo” ramo della scienza, ovvero la “neurobiologia vegetale”, ad opera del professor Stefano Mancuso, docente ordinario di arbicoltura generale e fondatore del Linv (Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale). Il concetto base della nuova disciplina scientifica è la convinzione che le piante superiori siano intelligenti.
Intelligenti? Ma come intelligenti? Intelligente è l’uomo. Secondo il vocabolario Treccani l’“intelligenza è il complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento”. E ancora: l’intelligenza è “propria dell’uomo, in cui si sviluppa gradualmente a partire dall’infanzia e in cui è accompagnata dalla consapevolezza e dall’autoconsapevolezza”.
L’intelligenza, dunque, può essere concepita come la capacità di affrontare e risolvere con successo situazioni impreviste e di trovare soluzioni a problemi nuovi o sconosciuti. Facoltà sicuramente proprie dell’essere umano e, sempre dal vocabolario Treccani, “entro certi limiti degli animali, specialmente i mammiferi (primati, cetacei, canidi)”.
Secondo il professor Mancuso queste stesse facoltà si ritrovano anche nelle piante superiori, per le quali afferma, si può sicuramente parlare di “intelligenza vegetale”.
Tanto per cominciare la nuova scienza ha messo in evidenza che gli esseri umani hanno cinque sensi (vista, udito, olfatto, gusto, tatto), i vegetali ne hanno almeno il doppio, ma forse anche di più. Possono, infatti, percepire la luce, riconoscere dove è presente l’acqua, dove si trovano piccole quantità di nutrienti nel terreno per potersi alimentare. Le piante sono in grado di intercettare i contaminanti gassosi e il particolato presenti nell’aria, e sono sensibili ai campi elettromagnetici oltre che risentire della forza di gravità. Queste, inoltre, sono capaci di svilupparsi e di crescere in ogni direzione; hanno la capacità di raccogliere dati dall’ambiente circostante e di saperli elaborare. Le piante superiori sono in grado di memorizzare le varie informazioni per poterle utilizzare al momento opportuno, facendo tesoro delle esperienze vissute.
Quanto affermato è stato anche dimostrato da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Plants che riporta i risultati ottenuti da alcuni test fatti sulla Dionaea muscipula, una pianta carnivora di origine americana; i test dimostrano che questa pianta è dotata di una memoria a breve termine. Per far scattare e chiudere le sue foglie-trappola, infatti, la dionea deve essere toccata dell’insetto due volte in venti secondi.
Per gli esperti questo dimostrerebbe che la pianta, “contando” i passi delle prede, si sarebbe con il tempo evoluta ed avrebbe imparato a risparmiare energia e ad ottimizzare le proprie risorse.
Un altro esempio che dimostra la capacità di memorizzazione delle piante è quello della mimosa (Acacia dealbata). Un esperimento condotto dal gruppo di ricerca del professor Umberto Castiello dell’Università di Padova ha documentato che questa può ricordare di essere caduta e di aver “assimilato” l’esperienza.
Racconta il professor Castiello che la pianta “è stata lasciata cadere da un minimo di sei fino a un massimo di sessanta volte da un’altezza minima e alla fine dell’esperimento la mimosa non ha più piegato le foglie in risposta difensiva, dopo aver compreso che non avrebbe avuto conseguenze nel cadere da quella altezza”.
Questi sono solo due dei numerosi esperimenti condotti dai neurobiologi vegetali sulle piante superiori e tutti conducono nella medesima direzione: le piante pensano, ragionano, ricordano, rispondono a stimoli esterni, risolvono problemi che l’ambiente sottopone loro. Non sono dei soggetti passivi in balìa del mondo esterno come per molto tempo si è creduto. Le piante sono al contrario esseri viventi che comunicano tra di loro e con l’ambiente circostante; sono attivamente in competizione con i propri simili per le risorse limitate, sia sopra che sotto il livello del terreno, e si adattano all’ambiente circostante in modo strategico, attuando cambiamenti solo ed esclusivamente se lo ritengono conveniente dal punto di vista evolutivo.
Avete ancora dubbi sull’intelligenza delle piante superiori?