“Questo mio cervello è qualcosa di più che semplicemente mortale e il tempo lo dimostrerà”. Per la rubrica “Non ci vuole una scienza…ci vuole una scienziata”, oggi abbiamo l’onore di intervistare la pioniera dell’ingegneria informatica e matematica inglese Augusta Ada Byron, contessa di Lovelace.
Salve signora Lovelace, le volevamo chiedere qual è il segreto del suo successo?
“Sono diventata famosa perché ho capito che le macchine possono calcolare ed elaborare come un uomo, anzi anche di più”.
Ci può parlare della sua infanzia?
“Certo. Sono nata nella Londra rivoluzionaria il 10 dicembre 1815: mio padre, George Byron, famoso poeta e politico britannico, se ne è andato quando ero piccola; mia madre, Anna Isabella Millbanke, anch’essa matematica, mi istruì e mi fece appassionare all‘informatica. Da piccola mi piacevano molto le macchine e ho sempre voluto volare come gli uccelli, quindi li ho studiati per molto tempo”.
Che rapporto aveva con Charles Babbage?
“Conobbi il signor Babbage nel 1834 in un salotto londinese e, dopo avergli mostrato la macchina differenziale, a cui stavo ancora lavorando, decise di collaborare con me e nel 1837 inventò una macchina analitica grazie al mio supporto”.
Abbiamo letto un suo scritto in cui traspare una comprensione più femminile, potremmo dire, delle connessioni tra il mondo reale e quello dei numeri. Cosa ci può dire al riguardo?
“Io ho intuito le relazioni tra numeri e natura e tra poesia e matematica anche se nel mondo dei calcoli ero l’unica donna tra gli uomini. Infatti è stato molto difficile all’epoca prendermi il merito delle mie invenzioni, come quando, dopo la mia collaborazione con il signor Babbage, lui si prese da solo il merito delle scoperte fatte insieme”.
Sa che nel 2008 la British Computer Society ha istituito una competizione annuale in suo onore per le studentesse di informatica?
“Sì, è per me un grande onore! Ma vi dirò di più: nel 1979 il Dipartimento per la Difesa degli Stati Uniti, per unificare i linguaggi di programmazione da impiegare sui propri sistemi, ha finanziato lo sviluppo di un nuovo linguaggio informatico, chiamandolo con il mio nome, Ada. Bello, vero?”
Wow, complimenti! Rimanendo in tema, cosa ne pensa dell’uso dell’informatica al giorno d’oggi?
“Secondo me l’idea di informatica che ho sviluppato nel XIX secolo era molto progredita, ma le nuove tecnologie oggi non vengono usate adeguatamente, soprattutto da voi nuove generazioni. Infatti la maggior parte dei ragazzi si serve della tecnologia solo per stare sui social network, con tutte le conseguenze che un comportamento non responsabile nell’uso dei social comporta. A questo punto, sarebbe meglio vivere in mezzo alla natura, senza cellulare, computer o tablet”.
Secondo lei un domani i computer sostituiranno le persone?
“È probabile, ma non vorrei che succedesse perché le macchine non hanno sentimenti e questi, invece, sono alla base dell’umanità”.
Sono davvero delle bellissime parole e non possiamo che essere d’accordo. Grazie per averci dedicato il suo tempo.
“Grazie a voi ragazzi, buona giornata”.
L’intervista è stata realizzata da Letizia Argenti, Giulia Berardi, Alessandro Troisi e Leonardo Zerulo (3C). Di seguito, vi proponiamo l’audio-intervista.