Improvvisamente, venerdì mattina a scuola, il capo redattore dello Stradellino ci ha incaricate di volare come inviate speciali in Francia, precisamente a Parigi, per incontrare una delle più famose icone della moda di tutti i tempi. È per noi, infatti, un grande onore poter condividere con voi l’intervista esclusiva alla stilista più rivoluzionaria del ‘900, Mademoiselle Coco Chanel.
Scegliere l’outfit per l’incontro non è stato facile: in quanto appassionate di moda, avevamo paura di fare una brutta figura di fronte a uno dei nostri idoli. Alla fine, abbiamo optato per uno stile semplice e professionale, ma allo stesso tempo elegante, e vi anticipiamo che alla signora Chanel è piaciuto moltissimo!
Bonjour Mademoiselle Chanel, siamo qui per intervistarla.
“Bonjour chéri…certo, fate pure”.
Bene, iniziamo… Coco è il suo vero nome?
“No, Coco è il mio nome d’arte; il mio vero nome è Gabriella Bonheur Chanel”.
Da dove deriva questo nome d’arte?
“Allora, per un periodo della mia vita intrapresi una breve carriera da cantante in un caffè-concerto. Qui ero solita esibirmi con una canzone dal titolo Qui qu’a vu Coco? I soldati di un tempo, che osservavano i miei spettacoli, iniziarono a chiamarmi Coco. Ecco da dove deriva questo soprannome”.
Vuole parlarci un po’ della sua infanzia?
“Oh bien sûr! Come saprete, sono nata il 19 agosto 1883 a Saumur. I miei genitori erano di umilissime origini e a stento riuscivano a mantenersi. Alla morte di mia madre, mio padre mi abbandonò e, quindi, passai tutta la mia infanzia e la mia adolescenza nel convento delle suore del Sacro Cuore, a Aubazine”.
Aveva fratelli o sorelle?
“Oui, avevo due sorelle e due fratelli. I miei fratelli furono subito mandati a lavorare presso un’azienda agricola, mentre io e le mie due sorelle finimmo in orfanotrofio”.
Quale era il suo più grande sogno da bambina? Si è realizzato?
“Il mio sogno è sempre stato quello di aprire un negozio di abbigliamento a Parigi, e fortunatamente ci sono riuscita”.
Come ha fatto?
“Un giorno un mio amico mi prestò i soldi necessari per aprirlo. Il negozio si trovava e si trova ancora oggi al numero 31 di Rue de Cambon. Grazie a questo mio grande amico è nata tutta la mia carriera”.
Dopo l’apertura del negozio, qual è stato il primo abito che ha creato?
“Ho creato una giacca per far sentire le donne a loro agio con il proprio corpo, e le petite robe noir, ovvero il tubino nero”.
Lei è mai stata innamorata?
“Sì, mi sono innamorata solo una volta nella vita, di Arthur Capel, chiamato Boy Capel. Non ci sposammo mai a causa del divario sociale che ci divideva, visto che lui era un rappresentante dell’alta borghesia inglese e io un’orfana di incerte origini. Nonostante questo, lui fu il mio più grande amore. Quando morì a causa di un incidente automobilistico, io mi chiusi in me stessa, afflitta dal dolore. Per ricordarlo e averlo sempre con me ho creato la Borsa Boy”.
Oltre a Boy Capel, ha avuto qualcuno a cui teneva davvero?
“Sì, certo…Misia Sert, un’amica con cui ho passato tutti i miei momenti, soprattutto quelli più duri come la morte di Arthur. Infatti, per cercare di tirarmi su di morale, mi portò a Venezia e io rimasi abbagliata dalle vetrine veneziane. Dopo quel viaggio sono riuscita a scrivere il mio futuro di Coco Chanel”.
Ha creato anche dei profumi?
“Oui, mademoiselles…voi non usate nessuno dei miei profumi? Sono certa che, ad esempio, Chanel N.22 darebbe un tocco in più al vostro look impeccabile! Fidatevi! O, se preferite, ci sarebbe anche il mio primo e più celebre profumo, Chanel N.5, una fragranza senza tempo, che ancora oggi è considerata una delle migliori mai concepite. Successivamente, ho creato il Gardenia, ispirato al mio fiore preferito, e il N.19”.
Ha qualche motto che ha fatto il giro del mondo?
“Non so se sia una delle mie frasi più celebri, ma ha sicuramente lasciato il segno…infatti, ero e sono solita ancora dire che il lusso non è l’opposto della povertà; il lusso è l’opposto della volgarità”.
La sua è una filosofia di vita affascinante. Tutto quello che è riuscita a fare, anche senza una famiglia che la appoggiasse e sostenesse nelle sue scelte, è davvero ammirevole. Oltre al negozio di abbigliamento, ha aperto anche un atelier dedicato alle creazioni di bigiotteria?
“Sì, chiamai il conte Etienne de Beaumont e il duca Fulco di Verdura per dare vita a un atelier di bigiotteria, perché pur essendo una sostenitrice dell’essenzialità dell’abito, altrettanto desideravo abbinarlo ad accessori estrosi. Così negli anni ‘30 creai la Chanel 2.55, ovvero la borsa più copiata al mondo. A me non dispiaceva affatto questa cosa, perché come io stessa dicevo, essere plagiati è il più grande complimento che si possa ricevere: succede solo ai grandi”.
Ha mai avuto persone che la criticavano?
“Ahimé, sì, però non mi sono mai arresa e così ho dato vita alla mia nuova collezione N.5, facendo sfilare il tailleur in maglia, capo indossato da moltissime donne al mondo, dalle più famose alle meno note. Tra loro, ci fu anche Jackie Kennedy che, nel giorno dell’assassinio del marito JFK, indossava proprio un tailleur Chanel in maglia di un acceso punto di rosa: così, l’alta moda si è intrecciata, purtroppo, con uno degli avvenimenti più drammatici del ‘900”.
Grazie mille per la sua disponibilitá, Mademoiselle Chanel. È stato un vero piacere aver fatto la sua conoscenza e aver ascoltato la sua storia.
“Grazie a voi, chéri, per avermi fatto ripercorrere molte esperienze della mia vita. Au revoir et à bientôt!“.
L’intervista è stata realizzata da Benedetta Bartolacci, Aurora La Penna, Martina Persia e Giulia Tescan (3C). Gli alunni della 3C hanno, inoltre, realizzato il logo di Chanel nelle ore di disegno tecnico: di seguito vi proponiamo i lavori di Irene Palazzini e Martina Persia.