“Negare l’esistenza di un virus diffuso in tutto il mondo significa negare la realtà”. Il direttore generale della Asl Daniela Donetti lo ha detto al termine della lunga intervista rilasciata in videoconferenza ai cronisti dello Stradellino, della quale riportiamo qui un’ampia parte.
Dottoressa Donetti, sarà possibile secondo lei raggiungere in Italia l’immunità di gregge entro la fine di quest’anno grazie ai vaccini?
“Sì certo, questo è l’obbiettivo: raggiungere l’immunità di gregge il prima possibile, ma bisogna fare una campagna di vaccinazioni molto veloce e di grandi dimensioni”.
Le varianti del virus – inglese, brasiliana e sudafricana – possono ritardare l’immunità di gregge?
“Le varianti indubbiamente ci preoccupano, perché alcune hanno capacità diffusive maggiori. La variante inglese, ad esempio, non è più aggressiva dal punto di vista clinico ma ha una capacità infettiva più elevata rispetto alle altre, perciò le persone si ammalano più facilmente. Questo vuol dire che le attenzioni che dobbiamo prestare sono maggiori. L’aspetto critico è che i vaccini arrivano più lentamente rispetto alle capacità diffusive delle varianti, le quali possono certamente ritardare i tempi per raggiungere l’immunità di gregge.”
Durante il lockdown, la Asl ha chiesto aiuto a qualche associazione locale, ad esempio la Croce Rossa, per la gestione dell’emergenza Covid?
“Sì, è avvenuto per esempio con la casa dello studente di Viterbo, dove si riscontravano difficoltà nella consegna dei pasti ai ragazzi. Sono venuti in nostro soccorso la prefettura e la Croce rossa: queste sono battaglie che si vincono insieme”.
C’è la possibilità che il vaccino possa essere pericoloso per soggetti affetti da altre patologie?
“Potrebbe accadere, ma solitamente si manifestano soltanto degli effetti collaterali temporanei come febbre, mal di testa, dissenteria. Le persone che si sottopongono al vaccino devono prima fare un’anamnesi vaccinale, ovvero sottoporsi a delle domande sulle proprie condizioni di salute, seguendo uno specifico protocollo”.
Quanto tempo dura l’immunità fornita dal vaccino?
“La durata dell’immunizzazione va da 9 mesi ad un anno. Periodi superiori sono attualmente oggetto di valutazione”.
Com’è cambiato il lavoro della Asl di Viterbo dopo lo scoppio della pandemia?
“Il nostro lavoro è cambiato molto, sia dal punto di vista ospedaliero che dell’assistenza territoriale. Nel primo caso, abbiamo trasformato 200 posti letto di Belcolle in reparti Covid. Il motivo per cui tutti gli ammalati sono stati messi a Belcolle e non negli ospedali di provincia è che quelli Covid sono pazienti complessi, che possono subire un rapido peggioramento delle condizioni, perciò necessitano di più attenzioni. Inoltre questi malati hanno dei protocolli specifici e la distribuzione di essi in più ospedali avrebbe causato confusione. Per quanto riguarda il secondo ambito, quello territoriale, sono state attivate delle squadre per contattare le persone positive. In città come Viterbo sono state attivate le Uscovid, ovvero le unità territoriali che vanno al domicilio del paziente, qualora il medico di base non possa. L’Uscovid ha un canale preferenziale: attraverso un’attività diagnostica i pazienti vengono identificati e gestiti da casa. Questo programma si è dimostrato efficace: solo 4 dei pazienti gestiti con questa procedura sono stati ricoverati”.
Per quanto riguarda i tamponi, come avviene la comunicazione dell’esito da parte delle strutture private alla Asl?
“Abbiamo attivato un sistema di tracciamento tramite il team operativo del coronavirus (Toc). C’è quindi una centrale operativa che ha il compito di rilevare le positività, collegando i vari laboratori, e contattando le persone positive. Questo viene fatto perché, dopo il tampone nelle strutture private, va fatto anche il tampone molecolare, che ha valore diagnostico”.
Il team Uscovid potrebbe velocizzare la campagna vaccinazioni, eseguendo i vaccini direttamente a casa, soprattutto per gli anziani, i disabili e le persone che necessitano di assistenza?
“Sì, ci stiamo lavorando. La campagna vaccinazioni è molto complicata, le aziende di produzione consegnano pochi vaccini. L’Uscovid è già andata in questi giorni a vaccinare alcuni anziani a casa o nelle case di riposo”.
Come vengono gestiti i pazienti nei reparti Covid?
“I pazienti Covid sono dei pazienti molto particolari, che hanno un’evoluzione della patologia molto veloce: iniziano ad avere problemi respiratori, arrivano al pronto soccorso e, spesso, si aggravano molto velocemente. Per questo l’ospedale è stato disegnato per livelli di assistenza: abbiamo le terapie intensive, le terapie subintensive e il reparto malattie infettive, con dei team multidisciplinari di professionisti: anestesisti, infettivologi, pneumologi. Abbiamo aggiunto inoltre un altro tassello assistenziale importante: la medicina riabilitativa Covid, perché i malati purtroppo rimangono per molto tempo nei nostri reparti e per molto tempo anche nelle terapie intensive, quindi hanno bisogno di terapia riabilitativa, sia motoria che respiratoria”.
Quanto tempo mediamente i pazienti restano in terapia intensiva prima di guarire?
“Dai 20 ai 25 giorni: un’infinità di tempo per chi si trova in rianimazione”.
I pazienti ricoverati in ospedale, soprattutto quelli anziani, hanno il necessario supporto umano e psicologico da parte del personale sanitario?
“Sì. Non solo in ospedale, ma anche a domicilio, i pazienti hanno bisogno di un contatto umano perché il covid è una malattia che crea molta solitudine. Abbiamo attivato un sistema di comunicazione con i familiari attraverso i tablet e dei supporti psicologici”.
Cosa pensa dei negazionisti?
“Chi non crede al Covid non crede alla scienza. Ormai il virus è diffuso in tutto il mondo e negare la sua esistenza è come negare la realtà”.
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L’intervista è stata realizzata dagli alunni Irene Palazzini, Alessandro Manni, Jasin Nuhiji (3C), Nicolò Sartori, Giulia Faggioli, Christian Carlomagno e Francesca Ortenzi (3B)