di Giulia Berardi, Jasin Nuhiji e Luca Pacelli (3C)
Continuando il nostro viaggio tra le grandi personalità femminili che hanno fatto la Storia in ambito musicale, oggi abbiamo il piacere di intervistare Barbara Strozzi, importantissima compositrice pioniera e soprano della musica barocca. Richiesta in tutta Europa, viaggiava come i musicisti uomini e alternava il lavoro di compositrice a quello di esecutrice e cantatrice.
Buonasera signora Strozzi, siamo dei suoi grandi ammiratori e apprezziamo molto il suo lavoro. Sappiamo che è nata a Venezia nel 1619 e che ha dedicato tutta la sua vita alla musica. Può parlarci della sua prima opera musicale?
“Buonasera a voi, giovani studiosi. Sono onorata di ricevere un’intervista dopo così tanto tempo. Se ricordo bene, la mia prima opera è stata un libro di Madrigali, una raccolta di componimenti letterari di origine popolare, composto nel 1644, quando avevo solo 25 anni”.
Come ha fatto ad emergere in un mondo di uomini vista l’epoca e come ha rivoluzionato il ruolo della donna in ambito musicale?
“Grazie al mio carattere deciso e incisivo, e grazie alla mia determinazione; sin da piccola ero una ragazza molto vivace e inseguivo i miei sogni. Sono emersa tra le donne e tra gli uomini non solo per la mia musica, ma anche perché sono stata la prima a pubblicare le mie composizioni musicali con il mio vero nome”.
In effetti è la compositrice seicentesca di cui abbiamo più notizie. Perché e come si è appassionata al mondo della musica?
“Come dicevo poco fa, ho sempre inseguito i miei sogni e la musica era uno di questi fin da bambina. Infatti è stato mio padre adottivo Giulio Strozzi, che era anche un poeta e un giurista, a trasmettermi la sua passione per la musica e gli sarò sempre molto grata per questo”.
Che tipo di rapporto aveva con suo padre?
“Mio padre è stato il mio primo insegnante e ha sempre rappresentato una fonte di ispirazione per me, anche quando ha fondato l’Accademia degli Unisoni, di cui ero membro e nella quale ho recitato e cantato le mie e le sue opere”.
Tra le opere che ha composto, qual è la sua preferita?
“Sicuramente Cantate, arie e duetti, che ho composto nel 1651. Sapete, è stato per me un grande piacere comporre quest’opera in occasione del matrimonio tra Ferdinando III d’Asburgo ed Eleonora Gonzaga-Nevers”.
All’epoca era usanza, per le donne, suonare uno strumento musicale. Anche lei imparò a suonarne uno?
“Sì, suonavo il liuto, con cui accompagnavo le mie opere”.
Ora arriviamo all’ultima domanda, forse un po’ spinosa: in passato la musica era considerata un ottimo passatempo per le donne, che però non venivano istruite come professioniste perché era ritenuto sconveniente per loro esibirsi in pubblico. Le scuole musicali femminili, però, erano quasi di più di quelle per gli uomini e molte donne tra ‘800 e ‘900 ricoprirono posti di insegnante di musica classica. Dalla metà del ‘900 e ancora oggi stiamo assistendo a un progressivo aumento del numero di donne nelle orchestre europee, ma il rapporto uomini-donne è ancora basso. Lo stesso vale per il numero di compositrici viventi. Cosa pensa al riguardo?
“Oggi è ancora raro sentir parlare di donne compositrici o vedere una donna dirigere un’orchestra, ma molte sono le personalità femminili che si sono affermate in questo senso e che io ammiro: Speranza Scappucci, Beatrice Venezi, che è la più giovane direttrice d’orchestra italiana, e tante altre. C’è ancora molta strada da fare, ma queste premesse mi fanno ben sperare. Ho lasciato il mondo della musica in buone mani!”.