di Alessio Scarpato e Alessandro Troisi (3C)
“La pratica artistica è una grande parte del mio spirito, per me è come l’aria che respiro. Preferirei soffrire la fame, piuttosto che suonare in pubblico con soltanto la metà delle mie forze”. Per la rubrica “La musica è donna”, vogliamo oggi proporre ai lettori del nostro giornale l’esclusiva intervista a Clara Schumann, grande compositrice e pianista dell’Ottocento musicale tedesco. Rimarrete sicuramente colpiti dalla sua storia, dalla sua dolcezza e dalla sua eleganza.
Buongiorno, signora Clara.
“Buongiorno a voi, ragazzi. Mi riempie il cuore di gioia sapere che i giovani di oggi si interessano ancora alla mia musica e alla mia persona”.
Una piccola informazione di servizio prima di iniziare l’intervista, se non le dispiace: preferisce che usiamo nell’articolo il suo nome da sposata, Clara Schumann, o il suo nome da nubile, Clara Wieck?
“Clara Schumann va benissimo. Il mio e quello di Robert è stato un grande amore, anche se non sempre felice. Inoltre, molti mi considerano ancora oggi solamente “la moglie di Schumann”. Ci ho fatto l’abitudine ormai!”.
Incominciamo allora… Tralasciando le vicende della sua infanzia, perché ha scelto proprio il pianoforte come strumento musicale?
“Perché mio padre era titolare di una azienda di pianoforti e mia madre era una famosissima cantante e pianista. Il mio primo maestro è stato proprio mio padre”.
Quante ore dedicava allo studio durante il giorno?
“Il pianoforte era la mia vita e non sapevo vivere senza di lui, quindi appena potevo, mi mettevo a suonare. La pratica artistica è una grande parte del mio spirito, per me è come l’aria che respiro. Preferirei soffrire la fame, piuttosto che suonare in pubblico con soltanto la metà delle mie forze. Certo, la mia salute si sarebbe potuta conservare al meglio se mi fossi esercitata di meno, ma alla fine ogni persona non dona forse la vita per seguire la propria vocazione?”.
Secondo lei, qual è la sua composizione diventata più famosa?
“Fatemi pensare un attimo… Secondo me, le Tre romanze per violino e pianoforte. Ho indovinato?”.
Sì, è proprio quella. Come è sbocciato l’amore con suo marito?
“Io e Robert ci siamo conosciuti quando io aveva 9 anni e lui 17. Lui era un allievo di mio padre. Diventammo subito amici e, ben presto, ci innamorammo. Quanti bei ricordi…”.
Con la perdita di suo marito Robert, come ha continuato a realizzare i suoi sogni?
“Innanzitutto mi sono dedicata moltissimo alla conservazione, alla cura e alla promozione delle opere di mio marito. Successivamente, sono stata assunta come insegnante di pianoforte al conservatorio di Francoforte. Forse non ci crederete mai, ma ero l’unica donna in una scuola di soli uomini!”.
Quali sono state le difficoltà che ha incontrato nella società dell’epoca?
“L’Ottocento è stato un periodo di grande produzione musicale, ma le compositrici non erano ancora conosciute nel loro ruolo. Io ho rappresentato una grande eccezione! Ricordatevi, inoltre, che con Robert avevo avuto ben 8 figli. Gestire famiglia e lavoro all’epoca è stato difficile come spesso lo è ancora oggi, purtroppo!”.
La sua vita, soprattutto sentimentale, è stata segnata da molte difficoltà. Cosa le ha dato forza di superarle?
“La malattia di Robert, ad esempio, mi ha segnata profondamente, ma la forza della musica ha reso la mia vita bella anche nei momenti più bui. Spero possa essere così anche per voi. Grazie infinite per questa bellissima intervista”.